Francoforte: se la “sconfitta” fosse una vittoria?

La notte prima di un Ironman è sempre complicato dormire. Punti la sveglia alle 3.45, vai a dormire, ma non dormi. Ti alzi dal letto con quella sensazione, che dura pochi secondi, del “ma che giorno è ? ma devo fare qualcosa di importante oggi?”. Dura poco, poi si accendono tutti i led in testa e la preparazione per la partenza prende subito il sopravvento, non ci pensi più. E’ l’unica gara che mi crea questa tensione, non ho mai avuto grossi problemi a dormire prima di una gara, anche importante. Forse perchè l’Ironman è un viaggio, o se volete, un romanzo (come ama raccontare il mio amico Daniel Fontana) e il giorno della gara è il momento in cui quel viaggio raggiunge la destinazione finale, dove si concentrano tutte le emozioni e tensioni accumulate durante la preparazione. La gara catalizza tutto. 8 ore di fatica, concentrazione, situazioni impreviste, tensione, crisi, dolore e gioia (si spera). Sai che può succedere di tutto e sai che in tanti momenti dovrai avere pazienza e saper gestire l’imprevisto. Tutto questo genera la tensione pre-gara che per la mia esperienza di atleta è unica, non è la stessa che provavo nelle gare ITU o nei campionati italiani…

Questa di Francoforte era una gara che avevo pensato da tempo, dall’ultima sconfitta subita a Cozumel… avevo detto “basta gare lontane e viaggi lunghi, gareggerò in Europa e sceglierò una gara competitiva” (poi in realtà sono andato in Sudafrica, ma quella è un’altra storia).

Francoforte si preannunciava come una battaglia vera. Kienle e il clan tedesco erano li per vincere, senza fare concessioni. E così è stato. Ma anche il resto della ciurma non era da meno: O’Donnell, Llanos, Marko, Clarke, Billard, Del Corral, Diederen & C. La mia gara è partita bene, ho controllato a nuoto, cercando di rimanere a contatto dei primissimi. Con un cambio veloce sono uscito in seconda posizione da T1, ho pedalato per circa 20 km con davanti Joe Gambles e Albert Marko. Non mi sono mai voltato, stavo bene, non ho neanche guardato chi fossero quelli dietro. Poi sulla prima salita me ne sono accorto. E’ partita la bagarre. Boecherer, Diederen, Llanos… uno alla volta hanno impresso un ritmo notevole alla gara. La lunga fila di testa si è divisa. Non potevo tenere il ritmo di questi fenomeni, ho tenuto il mio che era lo stesso di Denis Chevrot e Youri Severin (più che altro del primo… perchè Youri si vedeva che era al gancio). Con questi due ho condotto gran parte della frazione bici. Quando ci ha passato Kienle l’abbiamo guardato (cosa potevamo fare d’altro???), poi è passato O’Donnell e abbiamo sfruttato un po’ il ritmo dell’americano che probabilmente era in giornata meno positiva del tedesco.

 

Ph Ralph Vey
Ph Ralph Vey

Finisco il primo giro e sento l’amico Berry (Andrea Beretta) che mi da i distacchi, ho 2′ da O’Donnell, gli altri sono poco più avanti. Dietro c’è ancora un gruppo numeroso in cui so (per esclusione) che ci sono Clarke, Del Corral, Billard e altri pericolosi soggetti.

Ripassiamo per la seconda volta il tratto in Pavè, penso ai “poveri” ciclisti che affrontano la Paris-Roubaix, “ah, va bhe, ma loro non hanno la bici da crono”. Che legnate quel tratto!!!

Proseguiamo regolari, non ho indicazioni ma inizio a stare meglio. Come mi succede spesso, la seconda parte della bici mi viene meglio.

Sto già iniziando a pensare alla corsa, calcolando il tempo indicativo in cui sarei arrivato in T2, controllo il tempo… ma all’improvviso sento la catena che si inceppa, provo a lasciare scorrere la bici e recuperare con una cambiata. Ma c’è qualcosa di peggio di una cambiata sbagliata (che tra l’altro con l’elettronico difficilmente succede). Secondi interminabili… Severin che era dietro di me passa e vedo i due compagni di gara andarsene,decido di fermarmi, scendere e sistemare. Niente. Capisco che è un problema alla cassetta del cambio. Sembra allentata. Controllo ed è così… impossibile si  sia allentata. La ruota lenticolare era la stessa usata a Pescara in gara, controllata, pulita e riprovata due giorni prima di partire per Francoforte. Provo a smontare la ruota ma l’anello di chiusura non è allentato, sembra bloccato (o “grippato”). Non riesco in alcun modo a rimediare. Gara finita.O meglio… aspetto, magari arriva l’auto dell’assistenza meccanica e posso rimediare. Sconforto e rabbia. L’Ironman è anche saper gestire l’imprevisto, ma se l’imprevisto è più grande della tua capacità di gestione?

Un signore che seguiva la gara diventa il mio migliore amico, cerca di aiutarmi in tutti i modi, ma nulla da fare. Ci vorrebbe una chiave per aprire il pacco pignoni e provare a vedere se è recuperabile. Aspetto l’assistenza meccanica… purtroppo arriva dopo un’ora e mezza, quando una gentilissima signora del posto stava già per riaccompagnarmi a Francoforte (perchè nessuna auto dell’organizzazione passava a recuperarmi nonostante le segnalazioni…).

Il meccanico smonta il pacco pignoni (non senza difficoltà perchè non aveva la chiave Campagnolo… no comment) e vediamo che il filetto è andato. Penso subito al pavè affrontato due volte sul percorso, un tratto veramente tosto dove le sollecitazioni erano fortissime, e penso anche alla sfiga, perchè se in passato (qualche anno fa) qualche negligenza nel controllo bici l’ho avuta, sta volta credo proprio di poter dire che fosse tutto a posto. Controllato, testato e funzionante al meglio.

Il meccanico, con abilità Germanica e una “simpatica” forzatura della chiusura, riesce a riabilitarmi (alla buona) la bici per tornare a Francoforte. Ringrazio i signori, gentilissimi, che mi hanno tenuto compagnia per 90′ mentre sfilavano centinaia di atleti e io cercavo di non deprimermi ;-). Riparto verso la città e dopo aver attraversato un acquazzone violento rientro a Francoforte infreddolito, incazzato, deluso. L’unica consolazione è una doccia bollente e la vicinanza di chi riesce comunque a farmi sorridere in questi momenti (grazie!).

Torno verso la città mentre sta per arrivare l’amico Alessandro Tomaiuolo. Ma lo “zio” sto giro è stato troppo veloce e lo incrocio solo a 500 m dall’arrivo, mi grida “siiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii…. XXXXXXXX sotto le nove ore!!!”. Al traguardo lo raggiungo quando l’euforia per una prestazione magistrale (8h56′) si è già un po’ assopita. Che gara! Bravo Toma. Secondo di categoria, un’altra gita a Kona. Contento per lui… così come un “bravo” va a tutti gli italiani che hanno terminato la prova: l’amico Tony Greco, il distruttissimo Emilio Lotti e tutti gli altri.

Deluso per me?

Si ovviamente. Ci rifletto. Vedo Denis Chevrot arrivato in settima posizione. Vedo tutti i mostri che erano davanti in bici che sono saltati (ad eccezione dei primi 4). Queste gara sono così… il livello è alto, si esagera in bici, per stare in gara, ma la prova è lunga, bisogna avere pazienza fino all’ultimo chilometro. Bisogna essere li pronti a cogliere la crisi degli altri e la propria capacità di gestire lo sforzo. Io non ne ho avuto l’occasione per un danno meccanico e questo ovviamente mi fa incazzare.

L’Ironman è una sfida lunga che può finire in un secondo. Fa parte del gioco e bisogna accettarlo. Sono rientrato lunedì sera a Milano, martedì mi sono iscritto all’Ironman Vichy. Bisogna avere un obiettivo chiaro in testa se si vuole avere la motivazione giusta per arrivare al traguardo. La sconfitta insegna sempre qualcosa di più di una vittoria.

Così la preparazione riparte. Senza più pensare al danno meccanico e con la motivazione ancora più forte.

Domenica 10 sarò a Ledro, per il triathlon sprint, anticipato da una serata in compagnia di Daniele Bertolini, Andrea Secchiero ed Elena Casiraghi, una chiacchierata con Fabio D’annunzio e chi vorrà ascoltarci su ciclismo, triathlon, ironman, alimentazione.

Domenica 24 gareggerò a Cernobbio in un triathlon sprint e la successiva probabilmente sarò al via dei campionati italiani a Caorle.

Poi una settimana con Train smart a Predazzo, dal 6 al 13 agosto. A proposito… avete pensato di esserci? www.trainsmart.it

Una settimana al Sestriere in compagnia di alcuni compagni DDS.

Si fa in fretta ad arrivare a Vichy… il prossimo Ironman è già dietro l’angolo.

 

Video della gara, per chi è malato…. 😉

 

 

 

 

 

 

 

1 commento su “Francoforte: se la “sconfitta” fosse una vittoria?”

  1. Pingback: Vichy: il mio primo podio Ironman – Ivan Risti

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